Tappa 10 Borgo a Mozzano - Lucca
La partenza da Borgo a Mozzano ha un sapore particolare; siamo all’ultimo giorno di cammino e due sentimenti contrastanti si accavallano: il rammarico di essere al termine di un viaggio che ci ha permesso di riscoprire, e talvolta scoprire, tante cose belle e meritevoli di due zone, Lunigiana e Garfagnana, che seppur vissute quotidianamente sono state in grado di sorprenderci continuamente e dall’altro una certa frenesia di arrivare con la quale ci siamo svegliati e che ci spinge ad affrettarci così da poter dire “abbiamo concluso il cammino”.
Alla fine, tra i due forse è proprio quest’ultimo sentimento a prevalere, consapevoli che le cose belle scoperte rimarranno ed anzi, impegnandoci a farle conoscere e a valorizzarle, riusciremmo forse, a renderle migliori. Lasciamo di buon mattino il convento di San Francesco di Borgo a Mozzano che ci ha ospitato per la notte. Direzione Museo Civico, detto “Antiquarium”; qui potremmo osservare alcuni resti delle civiltà ligure ed etrusche rinvenuti in molte grotte o cavità scoperte d investigate nelle vicinanze. Il museo si cura anche, assieme ad altre associazioni, del mantenimento delle fortificazioni della Linea Gotica, resti di una periodo, quello degli ultimi anni della seconda guerra mondiale che ha condizionato pesantemente la vita di questi territori.
La tappa che ci aspetta è la più lunga di tutto il percorso ma la mancanza di dislivelli importanti la rende facile da percorrere. Arriviamo a Diecimo intenzionati a vistare l’antichissima pieve romanica, che conserva intatta la sua struttura originaria. All’interno sono conservate alcune opere d’arte, come la fonte battesimale a pianta esagonale del ‘200 ed il lastrone di pietra dove è scolpito un cavaliere a cavallo, chiamato da tutti re Pipino.
Proseguiamo fino a raggiungere la località di San Donato dove, di fronte alla bellissima chiesa romanica ci concediamo una sosta. Ci sarà tempo per visitare il luogo di culto e togliersi gli zaini dalle spalle. Sesto a Moriano e poi Ponte a Moriano sono le altre località che raggiungiamo e superiamo fino ad imboccare la pista ciclabile che segue il corso del Serchio e che ci condurrà direttamente a Lucca. Il percorso, molto bello e facile è forse un pochino monotono, soprattutto per chi, come noi, arriva da giorni di cammino in un ambiente vario capace di mutare ad ogni saliscendi. Infine arriviamo a Lucca, porta S. Maria, attraverso la quale entreremo nel quartiere di San Frediano. Appena prima della porta, su un muro a sinistra della strada notiamo un piccola marginetta, posta a qualche metro da terra, dove è riposta una scultura del Cristo Tunicato. Un ben arrivato inaspettato e assai gradito.
Percorriamo le stradine di una Lucca affascinante; capitale longobarda della Tuscia, città dalle cento chiese, con le mura del 1500 ancora intatte ed interamente percorribili, la città continua ad essere meta imprescindibile di ogni turista che arrivi in Toscana.
Arriviamo al Duomo di San Martino nel tardo pomeriggio con il sole che riflette sui marmi della facciata producendo piacevoli riflessi di luce. Cerchiamo immediatamente il labirinto di tipo unicursale che decora la prima colonna a destra e raggiungerlo è un po’ come chiudere il nostro viaggio: da un labirinto, quello di Pontremoli alla partenza ad un altro, quello di Lucca all’arrivo passando per il labirinto di Cerretoli. La scritta posta alla destra dello stesso riporta: “Questo è il labirinto costruito da Dedalo cretese dal quale nessuno che vi entrò poté uscire eccetto Teseo aiutato dal filo d’Arianna” e la frase, come tutte quelle che accompagnano questo tipo di sculture, vorrebbe ricordare le difficoltà di percorrere la vita e il continuo rischio di perdersi in essa.
Sulla facciata ci sono altri due elementi che meritano attenzione: la prima è l’iscrizione che gli speziali e i cambiavalute hanno fatto incidere e posizionare, nella quale si impegnano a non truffare nel cambio dei soldi e a non contraffare i prodotti venduti ai pellegrini. L’iscrizione è del 1111 e questi alcuni passaggi significativi: “(…)Tutti gli speziali e i cambisti giurano che da quel momento in poi non avrebbero fatto furti, truffe e falsificazioni entro la corte di San Martino né nelle case dove si dà ospitalità” e conclude “(…) Ogni forestiero legga questa scritta in questo confidi e non tema di niente per se”.
L’altro elemento è l’occhio del portale sinistro che permetteva ai pellegrini di poter vedere la scultura del Cristo Tunicato anche a tarda sera quando la chiesa era chiusa.
Segni evidenti, entrambi, che l’attività di pellegrinaggio era in pieno sviluppo e molti erano quelli che si recavano a Lucca per visitare il Volto Santo.
Entriamo per visitare la scultura, meta finale dell’interno tragitto. Il crocifisso ci aspetta all’interno del tempietto costruito da Matteo Civitali nel 1400, posto nella navata sinistra. L’idea di raggiungere questo luogo ci ha guidato per tutti i mesi di preparazione di questo progetto, ed ora trovarci qui è una emozione molto forte.
A fianco del tempietto, a circa due metri da terra, si trova un oggetto, custodito all’interno di una teca che attrae subito la nostra attenzione. Si tratta di una mannaia, protagonista di un miracolo, detto appunto “Miracolo della Mannaia”, che coinvolge proprio il Volto Santo. Protagonista della storia è un certo Giovanni di Lorenzo di Piccardia che, in pellegrinaggio verso Loreto, decise di proseguire per Lucca così da potersi prostrare di fronte al Volto Santo. L’anno è il 1334 e Giovanni, trovandosi a passare per Pietralunga, cittadina vicino a Città di Castello, trovò in un torrente il corpo di un uomo ucciso da poco. In quegli attimi sopraggiunsero gli abitanti del luogo che, vedendo un forestiero a fianco del cadavere, lo accusarono immediatamente del delitto. Nonostante le proteste Giovanni venne incarcerato e, non trovandosi altro possibile colpevole, venne portato in tribunale. Qui dopo aver resistito alle torture per qualche tempo, sopraffatto dal dolore, confessò l’assassinio venendo immediatamente condannato a morte. Lo sfortunato fece allora voto al Volto Santo che, se avesse avuto salva la vita, non solo si sarebbe recato a Lucca per venerarlo ma avrebbe poi proseguito fino a Santiago di Compostela.
E così fu, ebbe salva la vita. La mannaia che il boia utilizzò per l’esecuzione non proferì alcun colpo mortale al condannato che, tra lo stupore generale degli spettatori e delle autorità usci illeso da ben tre colpi inferti dal carnefice. La folla cominciò allora a gridare al prodigio e riconoscendo in questi accadimenti la volontà di Dio proclamarono l’innocenza di Giovanni che venne immediatamente rimesso in libertà. Il nostro proseguì verso Lucca per mantenere fede al proprio voto. Si presentò al vescovo raccontandogli dell’accaduto e gridando al miracolo ma Guglielmo II di Montalbano, vescovo di Lucca, chiese ulteriori prove e testimonianze sulla vicenda. Allora Giovanni tornò a Pietralunga dove il podestà gli diede la mannaia e lettere che confermavano l’avvenuto miracolo.
Da quel momento la mannaia riposa nel Duomo di San Martino, testimone di accadimenti a noi molto lontani ma che, se ancora ce ne fosse bisogno, attestano ancora una volta l’importanza di un culto che in queste zone affonda le radici nel passato.
Usciamo dal Duomo consapevoli di aver concluso un parte importante del nostro progetto, riscoprire e ripercorrere questa antichissima via di pellegrinaggio. Ora ci aspetta un percorso altrettanto importante e difficile, valorizzarlo e promuoverlo affinché molti altri, percorrendolo, possano vivere le nostre stesse emozioni e conoscere dei territori, che seppur meritandolo, sono ancora oggi sconosciuti ai più.
Tappa 10
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