Tappa 3 Bagnone - Monti
La partenza da Bagnone è forse una delle più belle di tutto il cammino, non perché siamo felici di andarcene o perché la cittadina non meriti di essere visitata con la giusta calma e attenzione, ma perché la parte del borgo che attraverseremo e la salita al castello sono talmente affascinanti ed interessanti che difficilmente potremmo dimenticarli. Scendiamo sotto strada in una zona molto antica di Bagnone, quella che in passato era la porta di accesso al castello. Sul ponte che attraversa il torrente omonimo merita fermarsi per ammirare questo scorcio: difficile non rimanere per qualche secondo in muta ammirazione del paesaggio davanti ai nostri occhi. Le acque sotto di noi spumeggiano impetuose sia a monte che a valle mentre la piazzetta in cui accediamo dopo averlo attraversato, racconta di artigiani che esponevano la loro merce sperando di attrarre mercanti, viandanti e nobili che salivano o scendevano dal castello.
Proseguiamo lungo la salita mozzafiato, per il dislivello, impegnativo, ma soprattutto per la visuale che si allarga e spazia su tutto il borgo permettendoci di godere di un panorama inaspettato. Ci avviciniamo ai luoghi dove abita Guerrieri, protagonista di alcuni romanzi di Giancarlo Perazzini, scrittore che da anni vive a Bagnone e che proprio qui ha voluto ambientare il secondo ed il terzo volume che vedono protagonista Marco Antonio Guerrieri, energico ed acuto detective improvvisato. Attraversiamo il borgo e ci troviamo nella piazzetta dove, ne “Il mistero del castello” viene ritrovato il corpo della ragazza pugnalata, evento che darà inizio ai fatti narrati nel romanzo. “A tutti gli effetti Guerrieri è il mio alter ego e si comporta seguendo quella che per me è l’idea di giustizia; giusto e corretto con le persone oneste o con chi sbaglia in buona fede ma inflessibile ed intransigente con gli scorretti, gli approfittatori e chi in genere segue strade lontane dalla giustizia e correttezza” con queste parole Giancarlo Perazzini, incontrato proprio nella piazza del castello, spiega le analogie tra lo scrittore e il personaggio narrativo. “Ho cominciato a scrivere in un momento della mia vita in cui sentivo che la mia mente non era completamente occupata. Penso però che questa sensazione fosse dovuta al fatto che avevo molte cose da dire e che avevo individuato nella scrittura lo strumento, attraverso il quale esternare questa mia necessità” così mi racconta sugli inizi della sua avventura editoriale concludendo “Per mesi ho continuato a scrivere tutte le notti preso da una necessità interiore inarrestabile di raccontare”.
I lavori di Giancarlo non sono confinati al genere “giallo” ma riguardano spesso temi sociali di scottante attualità come “Omicidio dell’anima” che racconta di una storia dura e cruda, di una violenza, purtroppo legata ad una vicenda assurdamente vera, subita dalla protagonista nel silenzio della complicità famigliare. Temi che, sempre più cari, stanno impegnando lo scrittore in incontri di promozione e denuncia lungo tutta la nostra penisola e che lo hanno spinto a costituire, assieme ad Irene Pivetti, l’associazione “No vuol dire no” tesa a sensibilizzare su qualsiasi genere di violenza sulle donne.
Lasciando Bagnone attraversiamo il paese di Pagazzana percorrendo una bella mulattiera circondati da frutteti e vigneti. L’aria è pulita e il cielo libero da nuvole. Si cammina di buon passo, il paesaggio cambia, ci inoltriamo nel bosco. Quando riemergiamo lo facciamo nei pressi della casa di un pastore. Dal viso sorridente e segnato dagli anni ci accoglie con piacere raccontandoci di come, anche in quella zona, sicuramente più isolata rispetto alle altre, la viabilità è cambiata nel tempo e molte mulattiere, non più frequentate e percorse, sono state sommerse dalla vegetazione. Castiglione del Terziere, borgo castellato che ci attende dopo aver salutato il pastore è tra i posti più ammirati della Lunigiana. Posizione invidiabile, dalla terrazza che ci accoglie dentro la porta di accesso, si gode un ottimo panorama sugli appennini e sui paesini che coronano l’orizzonte. È soprattutto la quiete e la tranquillità che si respirano nel borgo che rimarranno maggiormente impresse nella nostra memoria. Antico feudo malaspiniano, Castiglione del Terziere, visse alterne fortune e la sua attuale ricostruzione e conservazione è da attribuire in buona parte al compianto prof. Bonomi, energico benefattore e mecenate, notissimo in Lunigiana e ben oltre i propri confini.
Per raggiungere Corvarola procediamo per una mulattiera ormai quasi del tutto scomparsa ma che, almeno nella sua parte iniziale, è ancora ben visibile. La prima volta che abbiamo affrontato questa parte, con l’intenzione di recuperare questa vecchia mulattiera, ci siamo inoltrati nel bosco ipotizzando, un po’ per via della conformazione del terreno e un po’ ad intuito, dove la strada passasse. Ad un tratto il percorso incrocia un piccolo torrente; non trovando un passaggio siamo scesi verso di esso ipotizzando di guadarlo, saltando da una pietra all’atra per poi risalire sull’altra riva. Ci preparavamo proprio a fare questo quando, dalla riva del torrente, guardandoci attorno, abbiamo trovato poco dietro di noi, la spalla in sasso di un vecchio ponte. Un vero e proprio ponte sommerso dalla vegetazione che troneggiava sopra di noi. L’arcata crollata giaceva, in piccoli blocchi, nella zona sottostante ed era stata sostituita da tavole in legno ormai marcite che avevano, in qualche momento passato, permesso il passaggio.
Spiegare le sensazioni che abbiamo provato nel ritrovarci davanti questa struttura ormai dimenticata è difficile e mancano le parole. Le sensazioni migliori arrivano non tanto per la scoperta in se, che poi nemmeno di scoperta sì tratta, ma per l’aver rivisto e ricalpestato luoghi che da lungo tempo sono rimasti inutilizzati e abbandonati.
Passiamo nuovamente per il vecchio ponte riprovando gli stessi sentimenti iniziali e dopo un breve tratto nel bosco arriviamo al borgo di Corvarola. Borgo legato alla famiglia dei marchesi Malaspina e sede di un castello ormai completamente scomparso e inglobato nelle costruzioni abitative nate in epoca successive, un occhio attento e allenato può ancora oggi vedere le vecchie strutture delle torri, ve ne erano sette, che lo completavano.
Proseguiamo oltre dopo aver gironzolato per le viuzze del paese scendendo per una stradina che, dopo aver superato un oratorio dedicato a S.Rocco si immerge nel bosco. Non prima però di aver goduto della vista di un bellissimo mulino, ormai in rovina, vicino al quale il torrente crea una serie di pozze che possono essere sfruttate per rinfrescarsi ed immergere i piedi nelle giornate più calde.
Raggiungiamo il piccolo agglomerato di Cassolana, lo superiamo e ci immergiamo nuovamente nel bosco sfruttando mulattiere e strade bianche che, in un continuo saliscendi, ma senza pendenze importanti, ci porta inesorabilmente verso la fine della tappa.
Usciamo dal bosco sulla collina che sovrasta il paese di Monti. Poco lontano da noi si trova il castello, anch’esso appartenente alla famiglia Malaspina, oggi di proprietà privata e per questo, salvo rare eccezioni, non visitabile. La sua presenza, documentata solamente verso il 1200, ma di sicuro sorto su una precedente struttura fortilizia longobarda, e il suo rafforzamento sono imputabili all’importanza viaria della zona.