Tappa 6 Argegna - Piazza al Serchio
Partiamo dall’Argegna in una mattina soleggiata per quella che risulterà essere la tappa più corta di tutto il cammino. Avremo più tempo per rilassarci e godere delle sorprese che la giornata sicuramente ci riserverà. Ben presto ci troviamo nell’abitato di Giuncugnano, comune più alto della Garfagnana, le cui origini, incerte, si perdono nei silenzi e nei vuoti documentari dell’anno mille. Probabile che la sua fondazione, opzione comune a molti borghi della Garfagnana, sia di origine romana anche se questi luoghi furono abitati per centinaia di anni dalle tribù dei Liguri Apuani i quali, da queste altitudini, contrastarono fino alla definitiva esportazione di massa l’avanzata romana.
Procediamo su una bella mulattiera che ci porta in breve alla chiesa di S.Antonino. Dalla sua posizione ancora oggi sorveglia le strade che attraversano questa zona. Su tutte la strada statale che congiunge Aulla (Massa Carrara) a Lucca. Chiesa del 1300 conserva al suo interno, seppur di origine recente, una statua del Volto Santo. Ci immergiamo nei prati che scendono verso valle. La mulattiera è ampia ma non sempre facilissima da percorrere; suggestivo il piccolo ponticello che attraversa un torrente e che permette di vedere le acque spumeggianti sotto i nostri piedi. Capoli ci attende con una storia ancor più antica del comune a cui appartiene; compare infatti in alcuni documenti già attorno all’800 ma non ci sono fatti degni di essere riportati. Poche case attorno ad una piccola chiesina dedicata a Santa Maria.
Procediamo ed in breve ci immergiamo nel bosco seguendo una mulattiera ben tenuta e tracciata. Suggestiva la vasca con fontana che si scorge nella stradina dopo qualche decina di metri. Ne approfittiamo per fare una sosta e per rifrescarci godendoci il paesaggio che ci circonda e i colori caldi che scaldano i nostri occhi e i nostri pensieri. Da quel punto e per qualche chilometro ci immergeremo nel bosco, con saliscendi poco impegnativi e un guado, altrettanto facile e non impegnativo, che ci permetterà di passare qualche minuto divertendoci a saltare tra un sasso e l’altro. Basta poco per tornare bambini.
Il cammino prosegue piacevolmente e i nostri sguardi sono spesso attirati da scorci suggestivi che ci invitano a soffermarci per goderci il momento e per imprimere il ricordo nella nostra memoria. Raggiungiamo Cortia, la superiamo per giungere al termine della nostra mulattiera nel borgo di Nicciano. Feudo a lungo in mano ai Marchesi Malaspina il borgo presidiava un’importante via di comunicazione che univa il fondovalle al passo di Tea che giusto nella tappa precedente abbiamo valicato. Decidiamo di visitare il centro storico che profila davanti a noi e che ci attira con la sua struttura che si è conservata negli anni. Non veniamo traditi, tutt’altro; svoltando una leggera curva sulla stradina che ci conduce alla chiesa una sorpresa ci attende. Fuori da una casa decine di sculture ci attendono, “faccioni” ci scrutano e osservano ogni nostro passo. Sono le creazioni di Clemente Castelli, di professione postino, ormai in pensione, e appassionato scultore. Lo incontriamo nella sua casa museo, ricca di pezzi d’antiquariato e di sue opere in pietra.
“Ho sempre amato il fiume; fin da piccolo scendevo sulla sponda e mi divertivo ad ammirare i sassi. In ognuno di essi vedevo dei visi e delle facce” con queste parole mi racconta di come ha iniziato a lavorare la pietra. Gli chiedo se ha mai venduto un suo pezzo ma scrolla la testa dicendo "Sarei bugiardo se le dicessi che non me lo hanno chiesto ma no, non ho mai venduto un pezzo. Mi piace avere le mie creazioni attorno ed ognuna ha trovato il posto giusto dove stare”.
Non si ferma ed è un vulcano di parole che tiene a farci vedere ogni cosa. Ci porta nuovamente all’esterno dove ci racconta, una ad una, la genesi e la storia dietro ad ogni creazione. Scopriamo così i motivi che lo hanno spinto a scolpire il mostro preistorico, ma per lui un uccello, creato per raccontare la storia di una paesana che, in gioventù, spergiurò di essere stata aggredita, di notte, da un uccello mostruoso. Indimenticabile e assolutamente geniale il monumento ai caduti, una pietra enorme nella quale è scolpito un viso di soldato con elmo, sdraiata a terra. “Tutti i monumenti ai caduti sono dritti, io l’ho pensato sdraiato”.
Difficile salutarlo, talmente è la passione che trasmette e la foga con cui racconta le motivazioni che lo hanno portato a scolpire ogni singola pietra, che staremmo ore ad ascoltarlo. Prima di andarcene mi colpisce una sua frase “Non sono uno scultore ma un ginecologo, faccio nascere i visi che sono imprigionati nella pietra”.
Lasciamo il borgo contenti di questo incontro inaspettato che ci ha insegnato, ancora una volta, che anche in luoghi meno conosciuti ci si può imbattere in persone speciali che con la loro caparbietà e dedizione riescono a trasformare una passione in arte.
Siamo ormai arrivati al termine della camminata ma San Michele, arroccato sulla parte destra delle Acque Bianche, affluente del Serchio, raggiungibile passando un ponte in sasso del 1300 merita un visita. Ci perdiamo nelle stradine del borgo immaginando un passato perduto ma mai davvero dimenticato quando i conti Guidi, primi signori del feudo, comandavano su questi luoghi.
Piazza al Serchio, dove passeremo la notte, ha una struttura particolare. Sviluppata a partire dal nucleo storico di Borgo di Sala, dove è sistemata la locomotiva a vapore che attira anche dopo molti anni turisti e curiosi, lungo la strada statale il borgo manca di un vero centro storico. Sopperiscono a questa mancanza la bellissima Pieve di San Pietro e il sito di Castelvecchio. Ed è qui che ci dirigiamo con la curiosità che ci contraddistingue per l’archeologia e la storia. I primi insediamenti risalgono probabilmente al bronzo finale, circa 1200 a.C. e sono legati al mondo dei Luguri Apuani.
Nonostante la zona sia stata spesso contesa dai vari poteri che si sono succeduti nella zona sembra che un vero e proprio castello, forse proprio a causa di queste continue frizioni, non sia mai stato davvero completato.