Tappa 7 Piazza al Serchio - Castelnuovo di Garfagnana
Lasciamo Piazza al Serchio di buon mattino; la giornata è buona, il tempo continua a riservarci un occhio di riguardo; questo ci permette di assaporare maggiormente il cammino godendoci il sole che, seppur non caldissimo, scalda i nostri corpi e fa sorridere la nostra mente. Durante la costruzione della tappa alcune persone contattate ci avevano suggerito di passare dalla località di Borsigliana, piccola frazione del comune di Piazza al Serchio. Troppo fuori rotta da quella che avevamo individuato come traccia principale abbiamo abbandonato l’idea di includerla nell’itinerario. Ciò non toglie che Borsigliana meriti di essere visitata visto che, nella chiesa dedicata a Santa Maria Assunta si può ammirare il trittico dipinto da Pietro da Talada. Seppur non direttamente collegato con il nostro cammino la scoperta, perché di vera e propria scoperta si tratta, della presenza di un pittore che, attraverso i borghi della Garfagnana e non solo, ha lasciato dietro di se opere, ma che meglio faremo a definirle capolavori, stupisce e spinge ad approfondire
Come da miglior copione, la figura di Pietro da Talada, è avvolta nel mistero e le notizie che abbiamo, se escludiamo le sue origini, legati al paese di Talada, frazione dell’odierno comune di Busana, sul versante reggiano dell’appennino, non sono molte. Stupisce come, seppur dotato di spiccate ed indubbie capacità artistiche, il pittore abbia quasi ed esclusivamente operato nella Garfagnana non approdando in alcuna grande città dell’epoca ne approfittando, per quel che ci è dato di sapere, del proprio talento per abbandonare la zona. La distinzione tra artisti e artigiani è relativamente recente e risponde al fatto di privilegiare l’atto creativo, l’unicità e irripetibilità del prodotto, al farsi strada di una certa idea del genio. Colpisce molto il fatto che gli artisti in quanto tali avessero ben poco rilievo nella società, soprattutto nell’Alto Medioevo – così risponde Normanna Albertini, curatrice del volume “Pietro da Talada”, al mio dubbio precisando ancora “Contava solo il committente, il vescovo, il principe, il nobile, dal quale scaturiva l’iniziativa dell’opera. I «lavoratori dell’arte» agivano anonimamente, erano organizzati in corporazioni e vantavano una gamma vastissima di specializzazioni. Nel Medioevo i prodotti di quelle che siamo soliti considerare come le «arti maggiori» non erano necessariamente i più apprezzati: un ricamo poteva venir assai più considerato di un dipinto, un sigillo richiedere l’intervento dei più abili artisti, un orafo poteva essere stimato assai più di uno scultore, infine il committente poteva essere — e per lungo tempo fu — considerato ben più dell’artista o almeno coinvolto inestricabilmente al pari di lui nella creazione dell’opera. Pietro da Talada, dunque, lavorava in Garfagnana come un qualunque altro “artigiano” e forse con insieme con altri, perché era impossibile che un pittore lavorasse da solo”.
Il mistero avvolge inevitabilmente anche la figura dei committenti; basti pensare che il piccolo borgo di Borsigliana, negli anni, seconda metà del 1400, in cui il pittore operò non contava più di ottanta anime. Interpellata anche su questo punto Normanna precisa “L’alta Garfagnana era zona di passaggio, di traffico di merci e persone, dunque ben più abitata e “importante” di come la vediamo oggi. I committenti erano signorotti locali che probabilmente facevano a gara per abbellire le chiese presenti sui loro possedimenti”. Una spiegazione che è in linea con quanto abbiamo sempre immaginato ed esternato quando, raccontando della Lunigiana e la Garfagnana, raccontavamo di come le due zone, luoghi di passaggio, di commerci e di mercanti, non potessero essere “povere e arretrate” come molti autori, soprattutto nel passato, ci hanno spinto a credere.
Nel momento in cui, nel 1963, il trittico di Borsigliana venne reso noto da Giuseppe Ardinghi, e se ne attribuì la paternità a Pietro da Talada, è stato possibile attribuire allo stesso pittore altre opere, che con lo stesso dipinto avevano molti elementi comuni e alcune analogie creative come la Madonna del Bambino di Soraggio (1463), un polittico contenuto della chiesa di Casatico (Vitoio), un opera a Stazzema. “In un primo tempo il pittore veniva semplicemente definito “Maestro di Borsigliana”, poi, sulla tavola di Rocca di Soraggio del 1463, sul retro, venne trovata un’iscrizione (si era nel 1920) che indicava il nome del pittore, l’anno di esecuzione e il committente: “Hoc opus f. fieri Joannes Calesblarius de Soragio. Et pictus fuit p.me Petrus de Talata” ricorda e conclude Normanna Albertini permettendomi di comprendere meglio le origini di questa affascinante scoperta.
Ripensiamo a queste cose mentre le nostre gambe ci conducono verso la maestosa e superba Fortezza delle Verrucole, che dalla sua posizione, a guardia dell’intera valle, domina incontrastata attraversando i secoli. Appartenuta alla famiglia dei Gherardinghi la costruzione che oggi possiamo ammirare è il frutto di diversi cambiamenti ed integrazioni. Sembra infatti abbastanza certo che in origine le costruzioni fossero due, una per ogni vetta, ed una quadrata (“Torre quadrata”) mentre l’altra tonda (“Torre tonda”). Solo in un successivo momento le due strutture furono inglobate nella costruzione completa che occupo e fortificò l’intera sella. La salita che porta alla fortezza è sicuramente impegnativa ma ogni sforzo sarà ripagato dalla bellezza della struttura, ormai completamente restaurata e utilizzata per manifestazioni e rappresentazioni storiche, e dalla vista del valle che, in tutta la sua magnificenza si mostra ai nostri occhi.
Visitiamo il bellissimo centro storico di San Romano, con le stradine strette e ciottolate, girovagando tranquillamente alla ricerca di qualche vista speciale che possa colpire la nostra immaginazione e il nostro cuore. Da alcuni affacci è possibile vedere la fortezza delle Verrucole dal basso con la sua costruzione imponente che ben rappresentava il potere dei signori su queste terre.
Il nostro cammino prosegue toccando borghi bellissimi e sapientemente mantenuti come La Sambuca, la cui chiesa, dedicata a San Pantaleone sorge su uno sperone di roccia con il quale forma un unico e Pontecosi, dove sul lungolago, potremmo fermarci per riposare e goderci in tutta serenità il paesaggio. Siamo quasi al termine della tappa e la vicina Castelnuovo ci attende per la notte. La raggiungeremo passando dalla zona dello stadio che ci permetterà, attraverso alcune vie interne, di raggiungere la centralissima Piazza Umberto I.