Tappa 1 Pontremoli - Lusignana
Pontremoli, “porta della Toscana” per Federico II, è la città che dà inizio al nostro cammino. Ricca di storia e di tradizioni da sempre protagonista della vita della Lunigiana, ci accoglie con i suoi angoli mozzafiato ed inaspettati. Merita prendersi del tempo per visitarla dedicandole qualche ora. Su tutto, il Castello del Piagnaro, dove ha sede il Museo delle Statue Stele, che dalla sua posizione domina tutta la città. La vista indimenticabile sul fiume Magra e sulla valle giustifica appieno la scarpinata che bisogna fare per raggiungerlo.
Qui dimorano, per il piacere dei visitatori, molte delle statue stele, pietre in arenaria dalla forma antropomorfa, eredità preistorica e protostorica ancora avvolta nel mistero, rinvenute in tutta la Lunigiana.
Nella chiesa dedicata a San Pietro, alla fine di Via Malaspina, è posto il labirinto detto appunto di S.Pietro, visitato e ammirato da centinaia di pellegrini che da qui passano per la Via Francigena, sorella ben più nota della nostra Via. Il sito originario del labirinto, di tipo unicursale (con un unico percorso), è andato distrutto ma la pietra in arenaria conserva intatta la sua bellezza. Simbolo del cammino che ogni credente deve fare per raggiungere la vita eterna, la pietra è completata da due figure a cavallo poste in alto, un Uroboro, un serpente che si mangia la coda, simbolo dell’infinito, sul fianco sinistro e un cristogramma “IHS” (probabilmente di epoca successiva) al centro. Sotto una scritta in latino che tradotta significa all’incirca “Affrettatevi per fare vostro il premio”.
Usciamo da Porta Parma dopo aver visitato il centro storico con le stradine lastricate, il Duomo dedicato a Santa Maria del Popolo, la piazza del comune. Pontremoli, come molti dei borghi che visiteremo sa sorprendere e, quando meno te lo aspetti, decine di altri scorci ti colpiscono e ti sorprendono.
Saliamo verso il paese di Arzengio, antica roccaforte bizantina, che ancor oggi mantiene, nel suo nucleo originario la struttura antica con il perimetro del castrum ancora bene visibile e proseguendo, raggiungiamo il borgo di Ceretoli, di probabile fondazione longobarda.
Qualche anno fa, in uno dei tanti sentieri che circondano l’abitato Marco Ghelfi ha trovato su un’antica pietra delle incisioni che lo hanno incuriosito. Ad un più attento esame quelle della parte superiore risultarono essere un labirinto, di tipo a filetto, mentre quelle della parte frontale, sicuramente effettuate in un periodo successivo, riportano il nome di Cristo (IHS) e altri simboli cristiani come, ad esempio, la croce.
Incontro Marco Ghelfi, da sempre appassionato di storia e di archeologia e appena salutati mi sommerge con una marea di parole con quell’entusiasmo che caratterizza chi fa qualche cosa con passione e piacere. Gli chiedo di raccontarmi del ritrovamento della pietra di Ceretoli e lui lo racconta così “Ricordo di aver visto la pietra con inciso il labirinto da ragazzino, di averne parlato con alcuni amici ma poi, nella disattenzione della gioventù avevo completamente rimosso il momento. Un giorno di pochi anni fa mentre tornavo a casa dopo una giornata passata nel bosco, all’altezza di un muretto vicino alla chiesa, mi fermo con il trattore per cambiare marcia. Un raggio di sole illumina, in quel momento, proprio una parte del muretto che si trovava sul mio lato destro e li intravedo la stessa pietra che avevo visto da bambino”. E mentre lo racconta riesco anch’io, tramite la sua voce e i suoi occhi, a rivivere la stessa emozione. L’emozione che in quel momento l’ha colto e spinto a scendere dal trattore per recuperare quella pietra dimenticata da anni. Ancora di più mi fa capire quanto Marco tenga a questa parte di terra e come vorrebbe farla conoscere, così come la conosce lui, anche ad altri. “Non è un vero labirinto, ma allo stesso tempo qualche cosa di più di un labirinto a filetto; vi è incisa infatti la triplice cinta, i chiodi della croce ed altri segni di chiara origine cristiana. Insomma, un bel mistero”
Molti sono gli interrogativi che circondano le origini di questa pietra, basti pensare che per molti storici la presenza del segno di una triplice cinta, un quadrato che racchiude un quadrato più piccolo e che ne racchiude un altro ancor più piccolo, attraversati da alcune linee orizzontali e verticali indica un sito ricco di energia fisiche che possono essere esaltate dalla momenti di forte spiritualità. Un ritrovamento che potrebbe indicare Ceretoli come un luogo noto per certe sue caratteristiche spirituali importanti oppure al contrario essere una semplice incisione fatta da uno dei tanti pellegrini di passaggio che voleva solamente lasciare un ricordo d se. Gli indizi sul terreno, non purtroppo quelli documentari che al momento latitano, fanno ipotizzare che provenga dalla vicina chiesa di S. Martino, santo a cui i Longobardi erano assai devoti. “Nei pressi della chiesa è molto probabile esistesse un hospitale. Sul retro, ed inglobati nella attuale costruzione, si vedono ancora quelli che sembrano antiche mura che costituivano le fondamenta del luogo di ricovero per pellegrini. Due o tre stanze, per accogliere persone e animali. Inoltre è ancora presente una fonte di acqua fresca, sicuramente utilizzata dai viandanti”.
Ceretoli non finisce però di sorprenderci; all’interno del borgo infatti, sopra una pietra d’angolo e su di un architrave, sono incise due figure antropomorfe il cui vero significato ancora oggi si ignora. La complessità delle due figure e il tratto comune fa immaginare che la stessa mano le abbia create ma resta comunque difficile dare una datazione precisa ed una altrettanto precisa motivazione della loro creazione. È probabile che la loro attuale collocazione non sia quella originaria e che le pietre, prelevate da un altro luogo, siano state riutilizzate. Disegni talmente particolari che lo stesso sito web del Centro Ufologico Nazionale, nella sezione dipinti e graffiti, li inserisce come possibili testimonianze di alieni giunti in visita sul nostro pianeta.
Il nostro cammino prosegue, sullo sfondo le Alpi Apuane, che, come ogni volta, incutono timore e rispetto e alla nostra sinistra, direzione sud, sud-est, gli Appennini ci accompagnano nel nostro procedere. Appennini che da sempre sono stati spartiacque e punto di unione delle regioni, con i loro chilometri di mulattiere, di muretti a secco e di terrazzamenti, testimoni di epoche in cui la vita delle persone si svolgeva a quelle altitudini e di quali effettivamente fossero le vie di collegamento principali. Qualche chilometro dopo ci attende la chiesa di Dobbiana, dedicata a San Giovanni Battista. La chiesa merita una sosta e gli oggetti contenuti al suo interno ci sorprenderanno. Riposano infatti alcune immagini e rappresentazioni del Volto Santo che troviamo raffigurato sia su una grande tela che sul paliotto di marmo. Sotto il dipinto, protetto da un’anta in vetro, si cela l’antica statua raffigurante il Volto Santo nel cui petto è conservato un reliquiario con frammento della Santa Croce. La statua ancora oggi oggetto di un’appassionata devozione popolare è portata in processione due volte l’anno, in concomitanza delle feste legate al culto della Santa Croce: il 3 maggio e il 14 settembre.
Questa inaspettata presenza, a cosi tanti chilometri di distanza dalla crocifisso ben più famoso ci segnala ancor più intensamente che il tratto di strada che stiamo percorrendo è da secoli percorso da pellegrini che avevano, tra le possibili mete, quello del Volto Santo di Lucca ma ci segnala anche un evidente ed importante legame, ancorché di difficile comprensione, con Lucca. Un legame tale da condividere con essa la leggenda del Volto Santo.
Dopo Serravalle la strada si arrampica permettendoci di godere a pieno del panorama di questa parte di Lunigiana. Il corso del fiume Magra si estende davanti a noi, serpeggiando nella piana e riflettendo il sole alto nel cielo. La nostra meta è Rocca Sigillina, feudo malaspiniano che raggiungiamo dopo aver attraversato un ponticello, sul torrente Bagnone, che da solo merita l’intera giornata di cammino. Dalla sua sommità si può osservare lo spumeggiare delle acque sottostanti e la silhouette del borgo soprastante. Qui, nella parte alta del paese, si possono ancora vedere le fondamenta del castello che, da quella posizione dominava e controllava tutta la valle circostante. Ultima fatica, prima di sistemarci nell’ostello che ci ospiterà per la notte è la salita che da Rocca Sigillina ci accompagna alla località di Vignola che assieme alla vicina località di Posponte, forma la frazione di Lusignana. Al termine della salita immersi in bosco di castagni e ad un sottobosco di felci, troviamo una Cappella Votiva. La storia di questo posto è interessante e mi ha colpito molto: fino a qualche anno fa infatti, a Pasqua, gli abitanti di Lusignana si raccoglievano nei pressi della Cappella per salutare i propri morti sepolti, non avendo la frazione un cimitero, nella vicina Rocca Sigillina.
Nelle ex stalle e nelle cantine della canonica si trova un museo, nato grazie all’impegno e alla costanza del paese e di un paesano su tutti, Mario Nadotti. Dedicato all’arte contadina, nelle stanze a disposizione, il museo raccoglie una serie di strumenti e di attrezzi utilizzati nella vita quotidiana. Con la cura e l’attenzione con il quale sono riposti si intuisce la dedizione che questa persona, ma in fondo tutti gli abitanti del paese, ha profuso per lasciare una testimonianza del passato alle future generazioni.